LE PAROLE DI L
Con l’emergenza sanitaria Covid-19 le persone semilibere hanno avuto la possibilità di usufruire della licenza premio straordinaria, gli è stato permesso di stare fuori sia giorno che notte anche se con delle misure di controllo; questa occasione ha rappresentato il concretarsi di un principio di vita “normale”. Per circa due anni e mezzo, queste persone hanno vissuto fuori, ma nel momento in cui – con la chiusura dell’anno 2022 – non è stata rinnovata la misura contenuta nel decreto Cura Italia sono tornati nella loro cella. Come L, sono in 700 i detenuti che sono tornati in carcere dopo aver vissuto fuori negli anni della pandemia. Questa è la sua testimonianza del passo indietro che sente di aver dovuto compiere.
Quando parlo di questa cosa mi viene la pelle d’oca. Non ho pianto per vergogna, avevo un magone dentro. La sera del 31 dicembre alle 20:00, ho dovuto prendere la valigia qui alla struttura dove stavo da 2 anni e mezzo e tornare in carcere. Con la moto vedevo passare la gente che andava a mangiare, a festeggiare e io che tornavo a dormire lì.
Un’esperienza così non l’ho mai fatta. Io sono stato in carcere tanti anni, ma tornare lì dopo due anni e mezzo non potete capire quanto mi ha fatto male.
Ma sapete perché? Perché io in questi due anni e mezzo mi sono comportato così bene, non ho fatto mai nulla di male: lavoro e casa. Ho fatto un passo indietro così, mi hanno fatto fare un passo indietro e non lo capisco perché io mi comporto bene e invece di essere trattato meglio, mi ritrovo a passare di nuovo le notti in carcere?
La prima notta non ho dormito. Non mi trovavo più in quello spazio, già da quando hanno iniziato a chiudere il blindato, io mi sono sentito proprio strano. Mi è sembrato come se fossi entrato in carcere per la prima volta, tentavo di dormire ma non ci riuscivo. Un’esperienza bruttissima, mi è stato detto “Dai, dopo tanti anni che ci hai passato, mo’ per una notte è possibile che stai così?”. Sì, perché io ero convinto fosse finita. Come me, tutte le persone che sono rientrate il 31 dicembre scorso. Ne ho incontrato uno che piangeva al rientro, ho cercato di consolarlo ma ero come lui in quel momento dentro.
Volevo piangere più di lui.
Ormai sono passati quattro mesi, per fortuna in qualche modo mi sono riabituato.
So’ tornato. Ho incontrato molte persone dentro che conoscevo da anni, anzi sono capitato nella stessa cella dove ero prima! Non voglio ammorbarvi con questa brutta storia, ma seriamente penso che se a oggi mi chiedessero se volessi ottenere una nuova proroga per passare più tempo fuori (un altro decreto emergenziale) direi di no. Perché ho paura, se poi dovessi tornare nuovamente? Non so se riuscirei a reggere, non è facile. Un’altra botta di queste, psicologicamente mi ammazza.
Ora ho avuto la notizia più bella che mi hanno fissato l’udienza per ottenere l’affidamento a maggio. E sono tornato dalla mia famiglia in permesso, dopo una vita!
Come prima cosa sono andato a trovare tutte le belle persone che conoscevo e che quasi non riconoscevo più perché molti me li ricordavo bambini.
Due giorni che non ho dormito nulla, a casa mia c’erano sempre persone, una tavola infinita.
Ho conosciuto i miei nipotini, una gioia immensa.
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