LE PAROLE DI L
Il paradosso di questi anni è che si debba constatare la morte violenta di chi lavora “per campare” e che ci si stia abituando a queste tragedie. Il lavoratore non è più garantito ed è visto semplicemente come una sorta di mezzo di produzione. Per dirla in breve non si vive più per lavorare ma si muore di lavoro. Il “liberismo feroce” di questi anni, quello del “digrignar di denti” di certe oligarchie finanziarie sostenitrici della produttività ad ogni costo, il laissez-faire hanno portato a questo. Cosa dovremmo fare imbavagliarci e stare zitti? Fare finta di nulla di fronte a queste stragi?
È avvilente questo politicamente “corretto” dei nostri leader intriso di demagogia, ogni volta che muore un lavoratore. Dippiù: provoca conati di vomito.
Sono gli stessi politici che hanno tolto il reddito di cittadinanza a quei lavoratori (in nero) che percepivano 3 euro l’ora. Non si era mai vista, come negli ultimi anni, un’inclinazione così feroce alla produttività ad ogni costo, con buona pace dell’Articolo 36 della Costituzione.
«Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.»
Questi fatti vorrebbero che si desse esecuzione a provvedimenti di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Li faranno? Lo vorrei tanto.
Ci ostiniamo a credere che “un altro mondo sia possibile”. Proprio come quelli che urlavano, che manifestavano al G8 di Genova. (2001) Un altro mondo dev’essere possibile! L’Italia “derubata e colpita al cuore” quella che con grande intuizione aveva denunciato e previsto De Gregori non è il paese che vogliamo per le future generazioni.
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