I PENSIERI DI L
La “stretta” sulle telefonate per i detenuti lascia presagire tempi “duri” per gli Ultimi, quelli dietro le sbarre.
Fa sorridere per non dire inca**are, scusate il rigurgito lessicale, che in un periodo in cui impazzano decreti legge non più “ad personam” come ai tempi del Cavaliere, ma “contra personam” (vedi Cutro) decreti ormai prassi quotidiana con buona pace della “necessità ed urgenza”, non ci sia nulla che riguardi la popolazione detenuta.
E dire che spesso “manine”, provvidenziali per qualcuno, inseriscono in questi decreti cose estranee agli stessi provvedimenti legislativi per compiacere lobbies, gruppi industriali e consorterie varie. Ma non c’è nulla che possa mitigare l’espiazione della pena.
Le quattro telefonate settimanali consentivano a tutti noi di poter tenere socchiuso, (è una metafora) il blindo del carcere, permettendo, per qualche minuto a tutti noi di pensarci fuori con i nostri cari, ci si quasi illudeva di poter condividere le loro quotidianità, ansie, gioie e preoccupazioni. Era poco ma era tanto, per usare un ossimoro. Stupisce che un Ministro che “brandiva” la bandiera del garantismo ora appaia come colpito da afasia e sia inerte di fronte a questo abisso securitario.
Le scorie post-fasciste si sono ormai diffuse nei palazzi di potere.
“Non abbiamo le prove ma sappiamo che è vero”, direbbe Pasolini.
Cosa pensano i detenuti del mondo fuori?
Nulla è per sempre, tutto è transeunte.
Pensando a quel che doveva essere e non è stato (nella nostra vita) molti di noi detenuti provano amarezza. Il passato resta (in parte) ed è anche giusto che sia così, perché si deve rispondere delle proprie condotte illegali. Tutto ci “segue e ci insegue” a cominciare dai sensi di colpa per i danni causati alle parti lese ed alla Comunità, per finire alle delusioni ed alle sofferenze che con quelle condotte abbiamo provocato ai nostri familiari. Ed allora per non buttare via il tempo e dare un senso non più distruttivo alle nostre vite è giusto pensare di “utilizzare” un giorno noi stessi al servizio degli altri. Ci confrontiamo, discutiamo (talvolta con asprezza) per condividere idee e progetti con altri detenuti, con gli operatori sociali ed il volontariato.
Di fronte alla questione migranti ed al dramma che ne consegue (ci si ostina a considerarlo un problema solo emergenziale e non strutturale ed epocale), di fronte alla de-umanizzazione degli ULTIMI, alle sperequazioni sociali, ad un Esecutivo che vorrebbe una Magistratura subalterna al potere politico, una Giustizia “strabica”, forte con gli ultimi e debole con i “Colletti Bianchi”, anche noi detenuti spesso ci interroghiamo, discutiamo, ci misuriamo ognuno con le proprie convinzioni.
Perché una volta “fuori” sarà questo il mondo con cui interagire,
E dovremo farlo in modo costruttivo, questa volta.
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