Cooperativa sociale che offre servizi di ascolto, orientamento, formazione, accoglienza rivolti a detenuti/e, ex detenuti/e e persone che vivono in condizione di disagio sociale.

La morte di unə, il dolore di tant3

  • 4 mesi fa
  • 2Minuti
LIVIA

Due settimane fa abbiamo scritto un articolo sul sovraffollamento, il caldo e i suicidi in carcere.

Il tempo di pubblicarlo ed è uscita la notizia di un nuovo suicidio e poi di un altro, e poi di un altro ancora.

Tenere questo conto comincia a diventare difficile sotto tutti i punti di vista, solamente chi dovrebbe farsene carico, lo stato e chi lo rappresenta, sembra non avere difficoltà in merito.

Perché questo è importante sottolineare, il carcere è un’istituzione statale, come le scuole e gli ospedali per intenderci.

Tutt3 dovremmo interrogarci sul perché, invece, è diventato e viene percepito come un mondo a parte dove tutto può succedere.

 

Se già più volte ci siamo soffermat3 sul lato politico e sociale dei numerosi suicidi che stanno avvenendo, ora il nostro pensiero si sofferma sul lato emotivo.

La morte di una persona provoca dolore e spiazzamento, la morte per suicidio provoca una miriade di altre sensazioni e riflessioni.

E dietro la morte di una persona c’è il dolore di tant3.

In questi casi c’è il trauma di chi ritrova un corpo senza più vita, che siano poliziott3 o altr3 detenuti; c’è il dolore e lo stupore di chi fino a qualche ora prima aveva condiviso tempi e spazi ristretti; c’è soprattutto il dolore e la disperazione di chi è fuori e a quel “detenutə suicida” voleva bene.

Dolore al quale si aggiungono rabbia, perché il carcere dovrebbe custodire e non uccidere; rimorso, per non aver capito quanto poteva succedere; rimpianto, per un’ultima carezza mancata.

Le persone detenute che si stanno togliendo la vita sono esseri umani non numeri, proviamo ad immaginare cosa significa la perdita di una persona cara, proviamo a ricordare cosa abbiamo provato quando ci è successo.

 

Purtroppo sappiamo tutt3 che ci saranno altre morti e altre rivolte, in un effetto domino potenzialmente infinito.

Purtroppo sappiamo tutt3 che continuerà il silenzio istituzionale, figlio di un disegno repressivo ampio e ramificato.

Purtroppo sappiamo che anche le nostre sono solo parole, lette da poch3 e condivise da pochissim3, ma continueremo a scrivere, a lavorare, a lottare e indignarci finché avremo fiato.

2 commenti

  1. Luciana

    Come dice il proverbio “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” e la popolazione carceraria è un’entità astratta che si liquida in breve, asserendo che la restrizione per chi ha commesso un reato è sacrosanta e quindi anche i disagi, morali e materiali, vengono messi nel novero del prezzo da pagare. Ed ecco che la persona viene dimenticata, non ha corpo, né ombra. Si dilegua nella mente dei più. Al massimo gli si rivolge un pensiero che dura la frazione di un secondo, per passare poi alle previsioni del tempo, al gossip del giorno, alle polemiche spicciole della vita condominiale.
    Ma noi continuiamo a pensare a tutti voi, liberi e ristretti. Vi vediamo e vi vogliamo vivi.

  2. Tiziana

    Ho vissuto in prima persona il desiderio di farla finita in carcere, tante e tante volte. E il dolore per ogni singola vita che viene “persa” dalla società a causa del disinteresse verso quel pezzo di società fatta dai più ultimi degli ultimi é immenso.

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