Il detenuto, la sessualità e l’affettività in carcere. L ci scrive:
LE PAROLE DI L
I carcerati sono ridotti alla stregua di adolescenti ma che dico ADULTOLESCENTI per dirla con un neologismo. Il vero danno non è “l’astinenza”, quanto la frantumazione della vita di coppia. Nessun luogo è lontano, neanche il carcere in una società.
Eppure il legame affettivo è eroso dal carcere e con esso la sessualità, riconosciuta invece in altri Paesi europei.Quando se ne parla assistiamo sempre ad un vergognoso “girotondo” di pregiudizi, si crea attorno a questo “diritto negato” un ” humus ” favorevole a chi con pulsioni irrefrenabili, con un florilegio di insulti e con toni sbracati urla “chiedendo di buttare via Ia chiave”.
Tutto questo semplicemente per raccogliere uno squallido dividendo elettorale.
La sessualità è una componente essenziale in un rapporto di coppia, corrobora la relazione coniugale, ne scongiura il logoramento a vantaggio anche degli altri componenti di una famiglia.
Con la negazione di questo diritto capisci che il tuo tempo, il tuo vissuto, la tua storia di coppia possono dissolversi.
Ti accorgi, con Io sguardo perso nel vuoto/che c’era un “prima” ma che forse non ci sarà un “dopo”. Si finisce con il dissipare un legame o quantomeno si rischia di ridurlo ad un guscio vuoto. C’è una regressione “adolescenziale” del detenuto che si rassegna alla “piattezza” della vita quotidiana dietro le sbarre.
Aspettiamo la Consulta, “Nessuna notte è infinita” direbbe Renato Zero.
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