E poi c’è stato il ritorno…
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Tra il 2009 e il 2019 Laura raccoglie la testimonianza di Giacomo. Giacomo, un ex detenuto ed ex utente del PID racconta la sua storia, condivide il suo percorso: dalla scelta di delinquere al carcere, alla misura alternativa. Abbiamo deciso di ripescare le sue parole e consegnarle allo spazio del blog un po’ alla volta. Così da darci il tempo di riflettere sulle esperienze vissute dal protagonista e tentare di ascoltarlo, comprenderlo e accoglierlo; evitando di cadere nella banalità di definire cos’è buono e cos’è cattivo senza considerare la complessità degli eventi che percorrono il quotidiano di un uomo.
Mamma mia il ritorno…
Già vado a fa’ i bagagli per Fiumicino e dicono che dovevo pagare 50 dollari in più perché avevo dei kg in più. Quando mi so’ imbarcato erano i primi di novembre, sudavo come una bestia per il nervoso
Sono stato proprio stupido che mi sono consegnato – mi dice scuotendo la testa –
prima sono andato al consolato e ho detto che mi ero perso il passaporto per rifarlo originale e mi hanno detto di portare il biglietto aereo e le foto e che mi facevano un passaporto per 20 giorni.
Poi sono andato a Santa Monica e un amico mio – è stato proprio st*o*zo – stavamo parlando vicino all’impiegato e mi hanno chiesto perché andavo via e io gli ho detto che avevo problemi con la giustizia: l’amico mio se n’è andato, si è spaventato e mi ha lasciato lì.
È andata così, sono ritornato in Italia, a prendermi c’era mia figlia con la macchina ma io non sono salito in macchina con lei: sono andato alla polizia. Che stupido, che stupido!
Una volta entrato e spiegata la situazione, la polizia ha controllato sul computer, dopo dichè mi hanno guardato è mi hanno detto che ero un pazzo. Vabbè, due/tre anni, poi basta che non siano reati gravi, mi avevano detto. E invece erano 23 anni…
Poi da 23 sono sceso a 19 con l’indulto, poi meno 4 anni, a un quarto di pena si potevano chiedere permessi, ma non me li davano che il mio educatore era un ba*ta*do.
Poi un giorno mi ha chiamato il magistrato per parlarmi, s’è letta il fascicolo e mi dice: “chiama l’avvocato, parla con lui”. Quell’avvocato però non lavorava bene, allora – sai com’è – parlando con gli altri detenuti mi hanno consigliato l’avvocato che c’ho ancora, ch’è nu bravo guaglione.
Poi è successo che lui stesso mi ha detto che ci stava una legge vecchia, ex Art. 71… Lui non la voleva chiedere e io invece ci ho voluto provare: e tutto da solo ho mandato un istanza per chiedere l’applicazione di sta’ legge. Era il 28 di maggio e il 27 di giugno mi chiama la matricola e mi dice che era stata accordata.
Il quintuplo della pena era da 13 anni rimasti mi hanno levato sette anni. Neanche l’avvocato ci credeva perché è una legge vecchia, ma è andata bene.
Poi l’educatore non mi ha aiutato e ancora non uscivo. Poi sono stato male di salute e alla fine ce l’ho fatta e sono uscito in permesso.
La libertà… la libertà com’è stata? Mo ti racconto…
Quel giorno non mi è preso un colpo quando sono uscito, ma mi ha fatto impressione vedere tutti sti’ palazzi tutti uguali: la prima cosa che ho fatto è stato comprare il telefonino.
Anzi la prima prima: sono andato al bar e ho chiesto se potevo fare un colpo di telefono, non mi hanno fatto chiamare, si vedeva che ero un detenuto, lì sono abituati ma mi hanno mandato al negozio dei telefonini.
Sono andato, ho chiamato la signora e le ho chiesto se le potevo parlare, le ho spiegato – che poi lo sapeva pure lei – che ero detenuto e mi ha fatto fare subito il telefono.
E sono andato là, alla casa dove mi avevano dato l’accoglienza e poi sono arrivato in questa casa qui e una volta qui ho chiesto la detenzione e mo sto qua.
Adesso ho finito la condanna e posso andare a casa mia. Mo’ voglio stare tranquillo, mi voglio scorda tutto. Non è facile…
Tanti anni fa feci tre mesi (di carcere) per sbaglio, sono stato a Poggio Reale per qualche giorno, che neanche ci dovevo stare: un amico mi fa “ricordati che tu hai un tatuaggio nella schiena che non si toglie… è molto difficile che si toglie”, e questa frase non me la posso dimenticare.
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