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Un carcere che “protegge” le donne – Delitto d’onore in Giordania

Nel libro “Donne violate. Forme della violenza nelle tradizioni giuridiche e religiose tra Medio Oriente e Sud Asia” Marta Tarantino affronta il rapporta tra cultura e legge, mostrando come gli intrecci che hanno intessuto i ruoli di genere nell’area mediorientale della Giordania influiscono sulla legislazione del Paese. 

Gerarchia famigliare e ritualità identitarie

L’autrice ricostruisce dapprima il corpus dei valori etico-morali che caratterizza il contesto arabo-islamico del regno Hashemita di Giordania, partendo dall’esplicitazione del duplice ruolo che ha la famiglia. Da un lato, essa assolve alla funzione privata di definizione e costruzione identitaria dell’individuo; dall’altro si fa strumento politico-religioso attraverso il quale la comunità dei credenti continua a esistere nella storia. 

Come uno specchio della società, la famiglia mediorientale è organizzata verticalmente secondo gerarchie e regolata da valori patriarcali. Nella vita famigliare di un bambino o di una bambina inizia la socializzazione ai modelli del femminile e del maschile attraverso lo scandirsi dei rapporti genitoriali dove la madre detiene un potere “temporaneo” sul figlio. Dopo i primi sette-nove anni di vita il bambino compirà quel rito di passaggio della circoncisione che segnerà il suo giungere, dalla maschilità – ossia la condizione biologica – alla mascolinità – il ruolo di genere. Se nei primi anni è stata la madre a curarsi del figlio, sarà poi l’autoritario e distaccato padre a dover guidare il bambino maschio. La bambina invece continuerà ad essere socializzata dalla madre e dalle altre donne di casa: 

«Per le donne invece, la lingua araba utilizza il termine unūah tanto con significato di “essere femmina” o “essere di genere femminile” quanto con quello di “essere molle”, sottolineando con quest’ultimo una sfumatura spregiativa, una semplificazione atta a ribadire il concetto patriarcale di subordinazione e debolezza dell’universo femminile rispetto a quello maschile.» M. Tarantino“La Giordania contemporanea tra cultura tribale e delitto d’onore” 

Una costruzione identitaria che segna una duplice costrizione, una duplice sofferenza: se gli uomini dovranno onorare il proprio ruolo machista e violento, le donne sentiranno il peso di una sessualità di cui hanno l’onere di custodire. Queste costruzioni identitarie, incarnate simbolicamente nella virilità dell’uno e nella verginità dell’altra, s’incontrano nel vincolo del matrimonio, l’unico luogo in cui l’atto sessuale viene legittimato. E a quel punto, la rottura dell’imene della donna durante la prima notte di nozze, rappresenterà non solo l’onore di lei ma quella dell’uomo, della famiglia e di tutta la comunità.  

Delitto d’onore in Giordania

In Giordania la popolazione è caratterizzata da un substrato tribale che include sia arabi musulmani che cristiani ortodossi, i quali di solito appartengono a tribù di natura nomade, semi-nomade o sedentaria. Questa struttura contribuisce a una rete complessa di pratiche e consuetudini che, in molti casi, si sovrappongono o sostituiscono le leggi ufficiali dello Stato, creando una coesistenza di poteri che risale alla nascita dello Stato giordano moderno.

È proprio grazie a questa eredità culturale che la protezione dell’onore e della reputazione si è evoluta nel tempo, assumendo forme di violenza che sono moralmente accettate e normalizzate dalla comunità, in particolare nei confronti di chi mina l’onore e la dignità della famiglia.

Il codice di comportamento non scritto riservato alle donne è necessario al mantenimento dell’onore della famiglia, il quale gli uomini hanno il compito di proteggere e mantenere e che una volta perso, non può essere ripristinato.

Il delitto d’onore può essere letto come un reato culturalmente orientato e nasce proprio da questa responsabilità tutta al femminile dell’onore rappresentativo dell’uomo. La condotta vuole che la donna sia pudica e riservata per tutta la sua vita e in ogni ambiente che abita. Le cause del delitto d’onore possono essere di vario tipo: dalla conversazione di una donna con uno sconosciuto in un posto pubblico, all’assenza prolungata da casa; dal rifiuto di un matrimonio combinato, all’arrivo di una gravidanza illegittima se pure consumata da una violenza. 

«I delitti seguono poi uno schema che si ripete in gran parte dei casi: in una prima fase vi è la presa di coscienza da parte della famiglia del “disonore”, spesso oggetto di discussione di vere e proprie riunioni familiari, seguita dalla designazione di chi dovrà portare a compimento il delitto. Generalmente, l’esecutore materiale dell’omicidio è il fratello della vittima, sebbene all’azione possano concorrere tutti i parenti maschi più prossimi (il padre, lo zio paterno o il cugino), con impiego di armi di vario tipo fra cui coltelli, pistole o veleno nel cibo. Trattandosi di delitti che solitamente avvengono in aree lontane dai grandi centri abitati, spesso i corpi vengono abbandonati in zone remote, rendendone più difficile la scoperta, l’identificazione e complicando la successiva indagine.» M. Tarantino – “La Giordania contemporanea tra cultura tribale e delitto d’onore” 

Legittimare un carcere che “protegge” le donne in Giordania

Nel 1992 la Giordania firma la Convention on the Elimination of all Forms of Discrimination Against Women (CEDAW) che diventa effettiva nel 2007. Nel 2008 il Parlamento pubblica il Protection from Family Violence Law con lo scopo dichiarato di voler coadiuvare la riconciliazione fra i membri delle famiglie in conflitto. Nonostante le intenzioni, il testo resta poco chiaro e polveroso su alcune questioni fondamentali, come la stessa definizione di violenza che viene relegata nell’ambiente domestico. Il delitto d’onore resta di fatto facilitato dal codice penale, da letture misogine della religione musulmana e dalla forza delle consuetudini tradizionali. L’articolo 340 del Codice penale giordano fino al 2001 rendeva possibile la completa assoluzione degli accusati e nonostante le modifiche del testo tese a rendere le disposizioni più neutre, a oggi si recitano i benefici delle attenuanti per un uomo che dopo aver scoperto in ”flagrante delicto” sua moglie o parente la ferisca o uccida.  

«Nessuna donna è detenuta senza motivo, pertanto può avvenire (che essa venga detenuta) per proteggere la sua vita futura, l’eventualità di una disgrazia sociale.» – ibidem, cit. intervista di Amnesty International al Direttore del Dipartimento per i Diritti umani del Ministero degli Interni giordano (2020)

Così accade che per “salvare” la vita a donne che hanno macchiato l’onore della propria famiglia – magari per essere state stuprate e poi aver rifiutato il matrimonio con il carnefice, per essere fuggite via, per avere il grembo il frutto della violenza – queste vengono messe in carcere. In che senso?

Dopo essere stata costretta a sottoporsi a test medici “sulla verginità”, dopo essersi salvata dalla famiglia, dopo aver tentato invano di denunciare alle autorità la sua condizione di pericolo, per effetto del Crime Prevention Act del 1954 può succedere che una donna venga detenuta a “scopo tutelare”. 

  • Nel 2013 la maggioranza della popolazione detenuta femminile si trova nel carcere dei Juweida: vivono in condizioni precarie, vittime di abusi fisici e psicologici. Donne giovani, senza figli né marito, poco abbienti, donne che hanno subito violenze in ambito domestico, che sono state abbandonate dalle famiglie dopo l’incarcerazione. Per entrare e per uscire è necessaria la decisione del governatore locale che però non può acconsentire alla scarcerazione se non è sicuro che la famiglia non abbia intenzioni punitive. Così alcune ricorrono ai matrimoni combinati, altre vanno incontro alla libertà con una sentenza di morte appena fuori le porte del carcere.
  • Nel 2017 inizia ad accendersi il dibattito pubblico intorno alle questioni relative al delitto d’onore, i primi passi verso un’inversione di marcia vengono mossi grazie alle cronache giornalistiche, al lavoro delle associazioni e a una parte moderata del mondo islamico che guardano al problema riconoscendone le radici culturali.
  • Nel 2018 è istituita la casa-rifugio Dar Amneh per permettere alle donne in detenzione amministrativa di avere accesso a servizi, opportunità e assistenza per il reinserimento nella società. Tutti fattori negati all’interno del carcere di Juweida.

Il governo Hashemita sembra aver mostrato così un doppio atteggiamento che da un lato è caratterizzato dalla volontà di rendersi partecipe di un processo di riforma, dall’altro –  impedendo il trasferimento delle donne dal carcere alla casa-rifugio – si fa portatore di un potere arbitrario sulle donne tentando di convincerle a “tornare sotto la protezione maschile”.

«La difficoltà nel debellare il fenomeno è dovuta alla refrattarietà dell’intero sistema valutativo dei reati, il quale esprime, attraverso i vari organismi coinvolti, forme reiterate di male guardianship, partendo dagli uomini della famiglia per giungere ai medici incaricati di sottoporre le donne a test di verginità e gravidanza, al personale carcerario e in ultimo ai giudici chiamati a esprimersi nei processi.» M. Tarantino – “La Giordania contemporanea tra cultura tribale e delitto d’onore” 

Questo focus fa parte della Campagna PID “Assorbire il cambiamento 2.0” – Un’iniziativa che prevede la donazione degli assorbenti in carcere, la realizzazione di laboratori e incontri all’interno di istituti penitenziari femminili e strutture di accoglienza per promuovere maggiore consapevolezza sul ciclo mestruale e sui “nuovi” prodotti igienico sanitari ecologici quali coppetta, slip e mutande assorbenti. Leggi di più qui.

Assorbire il cambiamento 2.0

Una Campagna di raccolta assorbenti e slip mestruali per il carcere in occasione della Giornata Mondiale dell’Igiene Mestruale del 28 maggio

 

Il P.I.D. Pronto Intervento Disagio Onlus, lancia la Campagna Assorbire il cambiamento per raccogliere e donare assorbenti agli istituti penitenziari femminili e alle persone in esecuzione penale esterna ospiti all’interno di case famiglia.

L’iniziativa, iniziata tre anni fa con la collaborazione di diverse realtà del terzo settore romano, quest’anno prevede, oltre alla donazione, la realizzazione di laboratori e incontri all’interno di istituti femminili e strutture di accoglienza per promuovere maggiore consapevolezza sul ciclo mestruale e sui “nuovi” prodotti igienico sanitari ecologici quali coppetta, slip e mutande assorbenti.

 

Le donne sono una netta minoranza della popolazione detenuta, poco più del 4%, ma si confrontano con tutte le problematiche legate al sistema penitenziario, alle quali si aggiungono specifiche questioni accentuate dal fatto che la detenzione è pensata per un mondo al maschile che non prevede le diverse identità di genere. Negli standard internazionali, definiti dalle Nazioni Unite, per il trattamento delle donne detenute e le misure non detentive per le donne autrici di reato (Regole di Bangkok, luglio 2010), la salute mestruale è un requisito fondamentale che prevede la distribuzione gratuita di assorbenti. Nel nostro paese se ne occupa l’Amministrazione penitenziaria che però non garantisce le quantità necessarie di assorbenti in base alle singole esigenze, tantomeno la scelta di un modello o di una marca. Chi ha la possibilità economica li acquista attraverso il cosiddetto “sopravvitto”, una sorta di negozio interno all’Istituto Penitenziario, chi non ha possibilità economica deve adeguarsi alla fornitura prevista. Durante il primo anno della Campagna, il PID ha raccolto diverse testimonianze che confermano la mancanza di azioni volte a garantire e promuovere la dignità mestruale. 

 

Se lo scopo immediato della Campagna è portare un beneficio concreto alle persone recluse, quello a lungo termine è promuovere il cambiamento attraverso il coinvolgimento delle singole persone, della società civile organizzata e delle istituzioni, favorendo la conoscenza della reale condizione delle donne che vivono in carcere. Lo scorso anno, grazie a una notevole partecipazione della cittadinanza, abbiamo portato oltre 2000 assorbenti negli istituti penitenziari laziali e nelle strutture di accoglienza per persone detenute ed ex detenute. 

La raccolta inizia mercoledì 20 novembre 2024 e si conclude mercoledì 28 maggio 2025, per partecipare si possono donare assorbenti classici di qualsiasi marca e modello e gli slip assorbenti, mentre i tamponi in carcere non possono entrare

 

I materiali donati possono essere consegnati presso i seguenti punti di raccolta nei giorni e negli orari indicati:

  • Casa delle donne Lucha Y Siesta – il mercoledì e il giovedì dalle 11 alle 13.30. Via Lucio Sestio 10.
  • L’Archivio14 – il giovedì e il venerdì dalle 17 alle 19, il mercoledì anche la mattina dalle 10 alle 12. Via Lariana 14.

Se non si ha la possibilità di recarsi in uno dei precedenti punti di raccolta, i materiali possono essere spediti alla Sede legale della Cooperativa PID Onlus, all’indirizzo: Via Eugenio Torelli Viollier, 109 – 00157 Roma.

Tutti gli aggiornamenti relativi a nuovi eventuali punti di raccolta saranno condivisi sui canali social Facebook e Instagram dell’associazione.  Se si vuole organizzare un punto per la raccolta assorbenti scrivere a: massaroni.pidonlus@gmail.com.  

Assorbenti per le persone detenute – sensibilizzazione e raccolta

Assorbire il cambiamento – Vivere il ciclo in carcere  

  • CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE E INFORMAZIONE SULLE QUESTIONI RELATIVE LE MESTRUAZIONI IN CONDIZIONI RISTRETTE
  • RACCOLTA E DONAZIONE DI SLIP MESTRUALI E ASSORBENTI PER LE PERSONE DETENUTE

Nella Giornata Internazionale della Donna vogliamo condividere e rendere ufficialmente pubblico il progetto che stiamo tessendo da mesi: “Assorbire il cambiamento”. Sono importanti le ricorrenze, sì ma non ci bastano.

Nel 2024 continua a versarsi un mare di discriminazioni, abusi e violenze sui corpi e le vite delle donne. Le lotte per i diritti, per i mutamenti necessari delle pratiche e politiche egualitarie delle identità di genere tutte si scontrano con una realtà nutrita da una cultura patriarcale, maschilista e paternalistica che ha costruito nei secoli profondi solchi nell’identificare gli individui secondo un netto binarismo e caratterizzarli seguendo principi che inneggiando alla “verità naturale e biologica”  hanno finito per determinare gli squilibri di potere che ancora oggi segnano i rapporti tra gli esseri delle comunità umane internazionali. 

L’otto marzo è tutti i giorni, come il venticinque novembre, come ancora tutte le giornate nazionali e internazionali istituite per ricordare e promuovere i diritti umani. 

 

Cogliamo oggi l’opportunità per tornare a parlare di carcere al femminile. Ci siamo chiest3: come vivono il ciclo le persone recluse negli istituti penitenziari italiani?  Gli assorbenti per le persone detenute sono abbastanza? Come vengono consegnati? 

Il P.I.D. Pronto Intervento Disagio Onlus, in occasione della Giornata dell’Igiene mestruale del 28 maggio, organizza una Campagna di raccolta assorbenti per il carcere femminile  e per le persone in esecuzione penale esterna ospiti all’interno di strutture di accoglienza.

La campagna, iniziata due anni fa, con la collaborazione di altre realtà del terzo settore romano, quest’anno prende il via sotto nuove vesti grazie al progetto “Assorbire il cambiamento”, a sua volta parte del più ampio progetto “POSTER. Pratiche oltre gli stereotipi”. 

Tra le attività promosse, oltre alla donazione di assorbenti per le persone detenute, sono previsti laboratori e incontri all’interno di Istituti femminili per promuovere maggiore consapevolezza sulle tematiche riguardanti il ciclo mestruale e la conoscenza dei “nuovi” prodotti igienico sanitari più ecologici quali coppetta, slip e mutande assorbenti. 

Il progetto ha lo scopo di portare un beneficio concreto alle persone recluse grazie alla donazione di materiali sanitari, di accendere l’attenzione della società, delle istituzioni e della cittadinanza sulla condizione delle donne recluse, nonché di raggiungere un cambiamento sistemico della questione affrontata.

Le donne sono una piccola minoranza della popolazione detenuta, poco più del 4% (2.392 secondo i dati rilevati fino al 31 dicembre 2023) e si confrontano con tutte le problematiche legate al sistema penitenziario, alle quali si aggiungono specifiche questioni, accentuate dal fatto che la detenzione è pensata per un mondo al maschile che non prevede le diverse identità di genere

In carcere gli assorbenti, così come altri prodotti consentiti, possono essere acquistati attraverso il cosiddetto “sopravvitto”, una sorta di negozio interno all’Istituto Penitenziario al quale possono accedere solo coloro che hanno soldi sul conto corrente interno. Chi non ha possibilità economica e di conseguenza non può acquistare, deve adeguarsi alla fornitura dell’Amministrazione Penitenziaria che, se non trascura questo aspetto, non riesce a garantire la scelta di un modello, di una marca o le quantità necessarie di assorbenti in base alle singole esigenze.

 

La raccolta di assorbenti per le persone detenute comincia venerdì 8 marzo 2024 e si conclude giovedì 23 maggio 2024:

  • si possono donare assorbenti classici di qualsiasi marca e modello e gli slip assorbenti, mentre i tamponi in carcere non possono entrare. 

I materiali donati possono essere consegnati presso i seguenti punti di raccolta nei giorni e negli orari indicati:

  • Casa delle donne Lucha Y Siesta: Via Lucio Sesto, 10 – Mercoledì dalle 11:00 alle 13:00, dalle 16:00 alle 17:00 e Giovedì dalle 12:00 alle 13:30.
  • Associazione Libellula: Viale Giustiniano Imperatore 280/A – Lunedì dalle 15:30 alle 18:30.
  • L’Archivio 14: Via Lariana, 14 – Mercoledì e Venerdì dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 19:00, Giovedì dalle 17:00 alle 19:00.

Se non si ha la possibilità di recarsi in uno dei precedenti punti di raccolta, i materiali possono essere spediti alla Sede legale della Cooperativa PID Onlus, all’indirizzo: Via Eugenio Torelli Viollier, 109 – 00157 Roma

 

Continua a seguire gli aggiornamenti sui nostri canali social per saperne di più sulle questioni relative le mestruazioni in carcere, i tabù del ciclo e la raccolta di assorbenti per le persone detenute.