LIVIA

Domenica 27 ci sarà il “memorial Stefano Cucchi“. 

È triste celebrare una morte, e lo è ancora di più quando questa è stata causata da abuso di potere prima e trascuratezza poi da parte delle forze dell’ordine e delle istituzioni.

Sono passati 15 anni da quando Stefano è stato ucciso a suon di botte e abbandono, 15 anni durante i quali si sono susseguiti processi, carte, solidarietà, ingiurie, cattiverie, abbracci, film, speranze, iniziative, parole, sconfitte e vittorie (per modo di dire, perché in questi casi non c’è vittoria che possa consolare).

 

Sarebbe bello potersi unire semplicemente per ricordare una persona che non c’è più, invece in questo caso è necessario farlo anche per sottolineare le cose che ancora non vanno nel sistema giustizia e nel sistema carcere.

Quotidianamente i diritti delle persone detenute vengono calpestati e troppo spesso la detenzione si trasforma in una punizione fine a se stessa, in trattamenti mortificanti, in corpi vessati dentro e fuori.

 

Più che mai quest’ anno è necessario esserci e partecipare perché ci troviamo di fronte ad un governo cieco e ottuso che pensa di risolvere i problemi sociali attraverso decreti fatti di controllo, punizione e repressione.

Zittire per non ascoltare il contraddittorio, punire per non riconoscere il disagio, reprimere per evitare il dissenso.

Tutte e tutti direttamente o indirettamente saremo colpiti da una delle tante regole contenute nel “pacchetto sicurezza” o dagli altri tentativi liberticidi che provano a smantellare diritti conquistati con fatica nel passato.

 

Partecipare è quindi importante, quest’ anno più del solito. Riunirsi nel nome di Stefano Cucchi è un modo per far sentire la propria voce, per guardarsi e riconoscersi, per dimostrare che riunirsi e dissentire non deve essere un pericolo.

 

Sarebbe bello immaginare che presto non serva più questo memorial, che il ricordo di Stefano possa finalmente tornare a una dimensione privata dove a ricordarlo sia chi lo ha conosciuto e vissuto nella sua totalità e non solo come vittima di un sistema barbaro.

Ma fino a quando quel giorno non arriverà bisogna continuare ad esserci e testimoniare, per questo domenica speriamo di vedere tanta gente, tanti volti diversi da quelli che incontriamo ogni anno e di respirare partecipazione e resistenza, sorridendo seppur nel dolore.